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una gionata a Rajlovac 
(ovvero cronaca semiseria di un giorno da piloti)

(scritto  sul giornalino del contingente italiano in Bosnia in occasione del 3 mese di permanenza a Sarajevo)

Ancora una volta e sempre allo stesso minuto, la sveglia ha suonato i suoi distaccati trilli elettronici, portandomi dal soffice ed incantato mondo dei sogni alla fredda realtà del mio alloggio. Con la stessa identica metodica e con l'agilità della mucca che guarda il treno, torno ogni giorno a chiedermi se, cambiando sia metodica che agilità, posso guadagnare secondi di sonno prezioso. 

Con il torpore tipico di una notte passata al setaccio delle migliori immagini della mia vita, mi auto convinco che la mia sveglia è stata regolata per suonare troppo in anticipo. Decido, come ogni giorno, che prima di coricarmi nuovamente la sposterò in avanti di un paio di minuti. Il getto dell'acqua è frizzante, carico di molecole sicuramente più dense della mia materia grigia ed è per questo che lo shock è oltremodo violento. Se potessi paragonare la sensazione che provo ogni mattina al primo risciacquo del mio bel faccione forse accosterei la mia immagine a quella degli sportivi esaltati dalle grandi vittorie nei servizi di riassunto che le televisioni propinano alla fine dell'anno. Io ne sono l'antitesi.

Comunque i successivi minuti mi riportano e mi consacrano al mio ruolo, quel ruolo per il quale un figlio di 4 anni decide di far vedere le foto del suo papà a tutti i compagni dell'asilo, quel ruolo per il quale finalmente ci si può sentire gratificati per quello che si è, quel ruolo per il quale una moglie od una fidanzata possono assurgere la situazione a vincolo definitivo o a temporanea liberazione e l'anafora che sto usando è sicuramente il rafforzativo che premia le mie impressioni dopo i dieci minuti successivi al suono della sveglia. 

Come per tutti i piloti di questo mondo, il briefing del mattino ha la sua importanza. Per capire se potrà essere un giorno metereologicamente tranquillo o se ci regalerà altre ore di paziente attesa nella speranza che la tipica nebbia di irraggiamento potrà sollevarsi dal campo quando il sole inizierà a svolgere come si deve suo diuturno lavoro. Con i nostri colleghi tedeschi e francesi ascoltiamo la rituale "scaletta" della riunione, con l'attenzione di chi vuol cogliere il più alto numero di parole possibile, per comprendere il significato reale delle istruzioni forniteci, regolarmente in inglese (prima con accento tedesco o bavarese e poi con 'savoir faire' tutto francese). 

Quando è il turno del nostro Capo Sezione OAI (l'ufficio operazioni) siamo tutti più fiduciosi anche perché, in caso di non comprensione del programma, potremmo sempre avvicinarlo e con la scusa che non abbiamo sentito bene, farci ripetere le stesse informazioni di cinque minuti prima. Il caffè inizia a rinvigorire le mie capacità e le aspettative dei miei colleghi e finalmente riesco a capire perché siamo così italiani anche quando siamo all'estero. Subito dopo il briefing mi trovo di fronte allo 'spettacolo': gli specialisti riprendono le loro attività così come tutti gli uffici e l'hangar, fino a pochi minuti primi chiuso nel suo distacco diviene nuovamente un insieme di punti in movimento e, seguendo le loro traiettorie, si ascoltano suoni vivaci (per rimanere diplomatici).

Il tutto ricorda un famoso film di Alberto Sordi, 'Il Marchese del Grillo', dove l'inizio delle attività veniva segnalato da un: 'S'è svejatooo!'. Noi non abbiamo un Marchese ma sicuramente una costruzione di acciaio e cemento che nonostante la sua grandezza, la regalità dell'immobilità assoluta, assume di colpo la tipica vitalità dei paesini mediterranei. Le pratiche in ufficio, i contatti con il Comando, cosa serve e cosa ci possono dare ed ancora due lettere, poi... .in volo. 

Finalmente riesco a sistemare l'equipaggiamento di emergenza senza che la mia mobilità ne abbia a risentire (per quanto possibile!). Da adesso in poi niente più scherzi con me stesso. Solo determinazione a non dimenticare nessun particolare: gli ordini di missione, i codici, le carte, il check list dell'elicottero e poi di nuovo il controllo con l'equipaggio, i passeggeri legati e bloccati, lo specialista che ti guarda negli occhi e ti dice: 'OK, sei pronto e sono pronto!'. 

Allora il fiotto di adrenalina si fa sentire come un battito del cuore più rumoroso forse anche per contrastare il sibilo assurdo e potente del motore in avviamento. Numero uno andato, vai col numero due... controlli. Tutto nei limiti. Pronti. Le radio gracchiano le loro frasi di rito, piene di ROGER e di vocaboli strettamente tecnici. A mio figlio racconterò che il suo papà nel suo peregrinare ha parlato anche con Sarajevo Torre e che a volte avrebbe comunque preferito parlare con lui, anche se alla Torre questo non interessa. Finalmente in volo. Il rumore della turbina e del flappeggio copre il battito del mio cuore anche dopo dodici anni di esperienza e di voli in ogni condizione ma mai in un posto come questo. 

Il cielo è veramente quello che avremmo voluto che fosse: questa volta è limpido, segno d un fronte freddo che è passato ed ha pulito la terra da ogni traccia di particella in sospensione, l'azzurro è di una bellezza disarmante e soprattutto lo spazio è più grande. L'emozione più forte che provo è proprio questa: ogni volta che sono insieme alla mia fidata 'utilitaria' del cielo lo spettacolo è sempre entusiasmante e tutti gli elementi sembrano essere amplificati da una prospettiva diversa; il cielo è più blu, la terra più scura e le vette sembrano persone al tuo livello. Non è onnipotenza ma il reale fascino che ci regala una simile meraviglia. 

Ed è proprio quando ti rendiconto che tutto quello che è sotto dite è meraviglioso, 'la domanda' arriva a perforarti il cranio. Perché è successo? Perché? Forse non lo riuscirò mai a spiegare a mio figlio, e forse nemmeno a me stesso. Si rientra. Il pranzo è ristoratore così come le chiacchiere al bar per l'italianissimo caffè. Ancora ufficio e poi via di corsa per una doccia che riesce a riportare nei limiti la spiacevole sensazione di disagio di chi ha sudato anche con le basse temperature. E' sera e la nebbia compare di nuovo. 

Un Cappy dai tedeschi e poi a dormire. E mi ritorna in mente il Marchese del Grillo ancora una volta e sempre allo stesso minuto la sveglia ha suonato....

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